L’Eurostat ha pubblicato recentemente i dati sull’esportazione di rifiuti e di materiali riciclabili compresi tra gli anni 2016 e 2019, mostrando uno scenario geografico nuovo ma non necessariamente migliore dal punto di vista dell’impatto ambientale. Con il divieto nel 2017 da parte della Cina del commercio di quattro classi e 24 tipi di rifiuti solidi, si è reso necessario cambiare fisicamente rotta a questo tipo di esportazioni, spostando i rifiuti di carta e plastica verso altri Paesi, in particolare la Turchia, la Malesia, l’Indonesia ed altre nazioni asiatiche. Erano 1,4 milioni di tonnellate i rifiuti di plastica che l’Unione Europea esportava in Cina prima della chiusura, poi scesi a 50mila tonnellate nel 2018 e a 14mila tonnellate nel 2019. Successivamente, i rifiuti di plastica dall’Ue sono stati deviati verso i tre Paesi sovra-citati (in Malesia il 24% delle esportazioni, in Turchia il 17%, in Indonesia il 6%).
La carta invece ha subìto un graduale cambio di rotta e di dimensioni: se nel 2016 in Cina esportavamo come Ue 7,4 milioni di tonnellate di rifiuti nel 2016, oggi la cifra è di circa 5,8 milioni, mentre gli altri Paesi scelti perché ricevessero la nostra carta sono stati soprattutto l’India (il 19%), l’Indonesia (il 17%), la Turchia (il 12%) fino ad arrivare alla Thailandia (il 10%).
I dati dell’Eurostat tuttavia non spiegano quanti materiali sono rimasti altresì bloccati in Italia o in Europa per mancanza di reale gestione: esiste quindi un numero imprecisato di rifiuti sommersi, magari bloccati negli impianti, abbandonati o che semplicemente sono stati smaltiti in vie non propriamente legali. Un problema che evidenzia una crisi reale per quanto concerne il nostro numero di impianti sufficienti a smaltire l’enorme quantità di rifiuti riciclabili (e non) e che ci rende dipendenti dai Paesi specialmente del sud est asiatico, aggravandosi con costi economici e ambientali non indifferenti. Un problema acuito nei primi mesi del 2020, dove a causa della chiusura per la pandemia di alcune attività nei Paesi dove esportiamo di più, i rifiuti sono rimasti fermi saturando in breve tempo gli impianti.