L’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) ha da poco effettuato un briefing dal titolo “Plastica biodegradabile e compostabile: sfide e opportunità”, analizzando un settore spesso nebuloso per i consumatori: quello riguardante i prodotti in plastica compostabili o a base biologica, come per esempio le stoviglie, le borse della spesa, e tutti quegli articoli che spesso si sostituiscono alla normale plastica. Prodotti che il consumatore acquista e utilizza all’interno di un percorso ecologico virtuoso, ma che in realtà celano una nomenclatura difficile da recepire: pensiamo alle differenti sfumature tra i termini compostabile, biodegradabile, oxo-degradabile, bio-based e che comunque riguardano solo l’1% della quota di mercato per questo tipo di plastica.
Il problema, dunque, riguarda la corretta informazione che una giusta etichettatura permetterebbe, perché non è chiaro al consumatore finale le modalità con cui è necessario smaltire queste plastiche. Ci sono, infatti, materiali che si decompongono in determinate condizioni atmosferiche, con l’esposizione a specifici microorganismi in acqua, o all’aria, e ciò definisce la velocità dello stesso smaltimento. È dunque il comportamento dei consumatori a dover essere guidato. Secondo il briefing sarà dunque necessario spiegare passo passo come smaltire correttamente queste plastiche attraverso campagne di sensibilizzazione mirate, a partire dai più piccoli fino ad arrivare a diverse soluzioni di informazione personalizzata, magari utilizzando codici QR, oltre a spot ad hoc.
Quali sono dunque le differenze tra le più comuni plastiche alternative e green?
La differenza sostanziale è tra plastica biodegradabile, compostabile industrialmente, compostabile a livello domestico, a base biologica, non biodegradabile, oxo-degradabile.
Per plastica biodegradabile si intende quella che si biodegrada nell’acqua o nel terreno, a certe condizioni e per un certo periodo di tempo.
La plastica compostabile industrialmente, invece, viene portata in un impianto di compostaggio specifico, a differenza di quella compostabile domestica, che necessita di temperature minori rispetto quelle presenti degli impianti di compostaggio industriale, ovviamente se lo smaltimento è gestito correttamente. Non dobbiamo considerare le plastiche smaltite a livello domestico come nutrienti per l’eventuale compost, perché i rifiuti organici solitamente dovrebbero essere gestiti in altro modo. Tuttavia, potrebbero diventare utili se considerate un supporto utile per esempio come fertilizzante, ovviamente se gli standard nazionali di qualità vengono rispettati. Per il 2023 il compostaggio domestico e la raccolta differenziata saranno obbligatori per tutti gli stati membri dell’UE.
Le plastiche a base biologica sono solitamente prodotte con un materiale biologico, alternativo al mero petrolio, che si differenziano quindi da quelle non biodegradabili per la durata dello smaltimento. Queste ultime infatti si degradano in microplastiche estremamente dannose a livello ambientale.
Infine, le plastiche oxo-degradabili si consumano grazie a un processo di ossidazione, che porta dunque a una decomposizione chimica in microplastiche sempre più piccole.